Fritjof Capra, uno dei maggiori studiosi del pensiero ecologico contemporaneo, ci ricorda come la concezione scientifica che tutt’ora abbiamo del mondo sia fondamentalmente ottocentesca. Fatichiamo ancora ad accettare un modo di pensare all’altezza della nuova visione emersa dalle ricerche scientifiche del XX secolo: dagli studi sul cervello e la mente a quelli relativi ai rapporti tra organismi e ambiente, dalle ricerche in ambito evoluzionista a quelle provenienti dalla “nuova” fisica (Leggere Il Tao della fisica, Adelphi, Milano 1982 e il più recente La rete della vita, Rizzoli, Milano 1997).
Tendiamo a rimanere ancorati ad una concezione dell’universo e della vita quale meccanismo (per quanto complesso), ad una visione della società retta dalla competizione, alla sacralità della crescita economica e del progresso illimitati.
Questi principi non sono quelli che informano la natura e le relazioni umane. Noi siamo la natura ma, sembra, abbiamo mortificato la nostra capacità di comprenderne i principi organizzativi.
Anche le comunità umane sono sistemi viventi e, in quanto tali devono funzionare in base ai principi fondamentali di tutti gli esseri viventi, pena la loro insostenibilità. Si tratta di ri-scoprire questa “trama” della quali noi stessi facciamo parte. Questa trama corrisponde a quella struttura che connette che Bateson andava investigando quando si chiedeva: «Quale struttura connette il granchio con l’aragosta, l’orchidea con la primula e tutti e quattro con me? E me con voi? E tutti e sei noi con l’ameba da una parte e con lo schizofrenico dall’altra?» (Mente e natura, Adelphi, Milano1984, p.21).